Da un recente studio sostenuto da Coopfond di Riabitare l’Italia, sulle aree interne del nostro Paese, è emerso un desiderio maggioritario nei giovani, di restare, non di fuggire, e di costruire nel luogo in cui si è nati e cresciuti il proprio futuro.
Cairo, la Val Bormida in generale, è un area interna, di spopolamento, di servizi che chiudono, di ragazzi che obbligatoriamente migrano …non possiamo che partire da queste realtà e con queste, sapere che per quanto sia abbastanza svilente quello che si sente, come un buco, un pozzo, un vuoto a perdere, dobbiamo pensare che è e sarà così solo se non teniamo conto di quello che c’è stato prima, di quello che abbiano e proviamo a ripartire da lì. E cioè proprio dal nostro territorio.
Il vuoto è fatto per essere riempito con travasi di passati e futuri nel contenitore del presente.
Abbiamo strade boschive e sentieri, funghi saporiti, formaggette, zucca, tartufi, lisotti, gabeletti, moco, tire … “distese azzurre ,verdi terre, discese ardite e risalite” come cantava Battisti …
Tra il Carretto e le Ferrere guardando verso Carnovale e Rocchetta…un territorio fragile ma di pregio ambientale, abbiamo cioè quello da cui siamo venuti: la terra.
E dal nostro stato territorio possiamo ripartire. Nulla condanna ad essere periferie.
Nelle aree interne e dove i piccoli comuni come il nostro, vivono ogni giorno le difficoltà legate allo spopolamento, la creazione di un sistema economico locale legato ad una produzione tipica, o alla qualità ambientale e paesaggistica può fare la differenza e significare la permanenza o il ritorno di residenti.
Dovremmo pensare di soffermarci e lavorare sui distretti rurali. Il Decreto legislativo n. 228 del 2001 ne da la definizione ovvero un “sistema produttivo locale caratterizzato da un’identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole ed altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali”. Nello specifico, un Distretto rurale è un sistema produttivo locale costituito da imprese agricole e non agricole ed enti pubblici, in grado di interagire tra loro attuando una politica distrettuale di diversificazione produttiva, di integrazione economica, sociale e di coesione in grado di promuovere una qualità totale territoriale, con una adeguata vivibilità per i residenti, promuovendosi a polo d’attrazione per altre imprese ed individui.
Quindi soggetti che possono diventare strumento di progettazione, di sviluppo, di disegno dello sviluppo locale. Tutto questo, se si lavora seriamente, può avere una ricaduta nelle mille interazioni dell’agricoltura con la progettazione urbanistica dei territori, con la presenza di imprese di trasformazione, con le filiere locali i Gas o con le mense scolastiche e pubbliche, la ristorazione, l’attrattività turistica. Io credo che uno dei valori principali dell’attivismo che caratterizza la nascita di queste esperienze sia proprio la nascita dal basso. Imprese, Istituzioni, persone che si mettono assieme, pensano e progettano il territorio, ed in virtù di questo chiedono riconoscimento.
Non devono aver rilevanza solo gli organismi o i loro vertici (la storia del nostro Paese e’ ricca di carrozzoni inconcludenti), ma i progetti e la loro aderenza ad un territorio.
Stiamo vivendo una stagione complicata. Dal punto di vista economico e soprattutto climatico e ambientale, ma le svolte non si generano sempre dall’alto. Servono strumenti, ma serve soprattutto un cambiamento, ed i cambiamenti sono possibili solo se accanto a norme e leggi ci sarà una grande partecipazione civica, popolare. “La restanza il coraggio di chi resta” non possiamo sempre pensare di andare via, dobbiamo pensare di restare e ripartire da casa nostra facendola tornare casa e attrazione.