Gioiamo da italiani per il Nobel per la Fisica a Giorgio Parisi, ce ne sentiamo orgogliosi come lo siamo stati per le vittorie sportive e di pasticceria … eppure mai come quest’ anno abbiamo dimostrato di non crederci affatto nella scienza, e poco anche in chi la studia.
Applaudiamo il premio perché questa volta nessuno ci ha chiesto di credere al percorso della scoperta.
Parisi si è occupato del caos. Non c’è nulla di più affascinante che trovare un ordine al suo interno. L’ha trovato studiando quella scienza che pensiamo abbia smesso di aiutarci a creare un futuro migliore. “Sbaglia chi pensa che staremmo meglio senza di lei. Quello di cui abbiamo bisogno è più scienza, non meno scienza”.
Un tempo c’era “buongiorno Signor Maestro”, oggi c è la gente che a prescindere, sconfina in qualsiasi terreno.
C’era una volta un ambiente comune in cui era meglio per tutti vivere. C’era una volta una comunità che credeva ai medici, rispettava gli insegnanti dei figli, si fidava dei numeri dati dagli economisti, stava ad ascoltare gli anziani, era certa della scienza e volendo credeva ai preti. Che piaccia o no, le democrazie occidentali hanno dato il meglio di sé quando erano comunità del genere: quando quel patto funzionava, era saldo, produceva risultati.
La non ridistribuzione della ricchezza, del sapere, della possibilità, dei privilegi, non poteva che ottenere, alla lunga, una rabbia sociale che è dilagata silenziosamente come un’immensa pozzanghera di benzina, alimentata dalla sicurezza di sé e un’assenza di timore reverenziale, dalla libertà di pensare di sapere tutto perché tutto si trova sul telefonino che ognuno ha in mano, senza più studiare, conoscere e scoprire niente.
Passiamo da volere milioni di soldati, a chiedere milioni di pacifisti.
Non è cercando leader che offrono una vendetta quotidiana e una retromarcia al giorno, che si correggerà l’esistente che non va.
Non è coraggio un forte tono di voce mischiato ad aggressività, l’urlo da mercato o lo slogan pubblicitario.
E’ meglio conoscere molti uomini per capire se stessi, è meglio condividere i sentimenti degli altri per gestire i nostri. Perché dalla durezza feroce della realtà ti difendi grazie all’uso paziente e raffinato dell’intelligenza e della memoria: cultura.
Ogni volta che ci facciamo bastare certe parole d’ordine di brutale semplicità, noi bruciamo anni di crescita collettiva. E così facendo, ogni giorno che passa, diminuiscono le scorte: di forza, di bellezza, di rispetto, di umanità, perfino di umorismo.
Abbiamo diritto alla conoscenza e alla competenza di gente che sta ai vertici, è verissimo, ma per questo tutti, nessuno escluso, dobbiamo tornare all’umiltà e alla coscienza. Quella che in ogni intervista di ieri e in ogni anno di studi, ci ha dimostrato lo scienziato Parisi.