Anno nuovo: nuove opportunità, nuove scadenze e scadenze passate.
Forse mai come quest’anno la distribuzione delle risorse dipende dalle competenze degli enti locali. Sì dai Comuni!
Secondo uno studio curato dall’ufficio parlamentare di bilancio e presentato durante un’audizione alla commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, fino al 2026 gli enti locali avranno potenzialmente a disposizione tra i 66 e i 71 miliardi di euro, circa il 35 per cento delle risorse economiche del Recovery Fund complessivamente destinate all’Italia, 191,5 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 30 miliardi garantiti dal fondo complementare deciso dal governo.
Il PNRR, infatti, è suddiviso in sei settori che sono stati chiamati “Missioni”.
La missione 5, chiamata “inclusione e coesione”, coinvolge principalmente le Regioni che gestiscono le politiche del lavoro: saranno investiti 5,6 miliardi in diversi progetti, tra cui il potenziamento dei centri per l’impiego.
La parte dedicata alla “Coesione” – rigenerazione urbana e riduzione del degrado, piani urbani integrati, politiche abitative – vale invece tra gli 11,3 e i 13 miliardi di euro e avrà competenze divise tra le Regioni e i Comuni.
Lo stesso vale per la missione 2, “rivoluzione verde e transizione ecologica”, la più importante dal punto di vista economico con 18 miliardi gestiti dagli enti locali su 60 totali.
I soldi saranno impiegati per investimenti nei trasporti rapidi di massa e nel rinnovo delle flotte di bus e treni (6,5 miliardi), oltre che per la tutela del territorio, come il contenimento del rischio idrogeologico (2,4 miliardi) e il miglioramento dell’efficienza delle prestazioni energetiche dei comuni (6 miliardi).
I comuni hanno un ruolo centrale anche nella missione 4, chiamata “istruzione e ricerca”, con il piano di potenziamento degli asili nido che prevede poco meno di 265mila nuovi posti (grazie una spesa di 4,6 miliardi in 6 anni) e il programma di messa in sicurezza e miglioramento degli edifici scolastici che assegna 3,9 miliardi alla ristrutturazione di oltre duemila scuole dal punto di vista strutturale e dell’efficienza energetica.
Per ottenere i fondi necessari a realizzare questi progetti, gli enti locali devono partecipare ai bandi pubblicati dai ministeri competenti, devono realizzare gli interventi nel rispetto delle leggi – quindi con tutte le procedure previste per fare un’opera pubblica, pur con una serie di semplificazioni – e devono rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo.
Tutti i progetti devono essere conclusi (e ripeto conclusi) entro il 31 marzo 2026: considerati i tempi di realizzazione di molte opere pubbliche italiane, è una scadenza piuttosto ambiziosa.
Il PNRR prevede complessivamente la realizzazione di 63 riforme. Di queste, 22 devono essere approvate o iniziare l’iter entro la fine del 2021.
A queste scadenze se ne aggiungono altre 20 che non sono previste nel piano ma sono state inserite dal governo per facilitare il cronoprogramma dei lavori. Il mese più intenso da questo punto di vista è dicembre in cui sono previste complessivamente 27 scadenze.
Il PNRR è indubbiamente un’occasione importante per promuovere nella pubblica amministrazione le riforme strutturali auspicate da tempo.
Tuttavia, mi chiedo se la nostra amministrazione comunale è pronta a recepire il PNRR. Se ha ottemperato ad alcune delle scadenze che erano già fissate e se ha progetti cantierabili. Quindi se questi se ha concretezza e capacità di azione e per L’ accettazione di questi ultimi.
È noto il caso della Sicilia, che aveva presentato 61 progetti per l’attribuzione di 1,6 miliardi di euro del PNRR destinati ad agricoltura e infrastrutture irrigue: il ministero non ne ha approvato nemmeno uno, perché nessuno rispettava tutti i criteri necessari.
Errori e carenza di documentazione.
Tutti questi problemi sono legati alla mancanza di dipendenti o di competenze, e scarse capacità finanziarie dei comuni.
Senza un adeguato livello di progettazione definitiva ed esecutiva non si può accedere alle risorse del PNRR.
Serve studio ed elaborazione.
È un dato certo.
E il 14 febbraio scattano altre scadenze.
E la sfida per i pubblici servizi dovrebbe andare ben oltre quella dell’aperitivo.